Patanjali e il dono di Shiva all'umanità

Pubblicato il 20 settembre 2025 alle ore 18:59

La leggenda di Patanjali

Un giorno, Visnu, sdraiato su Adisesa, il signore dei serpenti e sua inseparabile carrozza, osservava affascinato la danza divina di Shiva.

I movimenti di Shiva erano così potenti e armoniosi che fecero vibrare il corpo di Visnu, rendendolo sempre più pesante. Questo peso insostenibile scosse Adisesa, che faticava a respirare.

Quando la danza terminò, il corpo di Visnu tornò leggero. Adisesa, curioso, chiese a Visnu cosa fosse accaduto.

Visnu spiegò che era stata la grazia e la bellezza della danza di Shiva a generare quelle vibrazioni, che si erano riflesse sul suo corpo.

Affascinato da questa rivelazione, Adisesa espresse il desiderio di apprendere la danza di Shiva, per poter danzare e offrire gioia a Visnu.

Visnu, colpito dalla sua devozione, profetizzò che Shiva, mosso dalla sua compassione, avrebbe permesso a Adisesa di incarnarsi sulla Terra per danzare non solo per lui, ma per l’intera umanità.

Pieno di gioia per questa promessa, Adisesa iniziò la ricerca di una madre che potesse accoglierlo nel suo grembo. Fu allora che ebbe una visione: una yoghini di nome Gonika, che pregava intensamente per un figlio al quale trasmettere il suo sapere sullo yoga. Adisesa capì immediatamente che lei sarebbe stata la madre giusta.

Un giorno, Gonika, immersa nella meditazione sul sole, simbolo divino sulla Terra, raccolse un po' d’acqua tra le mani e la offrì in preghiera, chiedendo che il suo desiderio di avere un figlio venisse esaudito prima che fosse troppo tardi.

Quando riaprì gli occhi, Gonika notò un serpente, Adisesa, tra le sue mani. Spaventata, lo lasciò cadere a terra, ma il serpente si trasformò in un essere umano e le chiese di accettarlo come suo figlio.

Meravigliata e grata, Gonika ringraziò il sole per il dono ricevuto durante la sua preghiera. Accettò il figlio e lo chiamò Patanjali.

Il nome Patanjali deriva da due parole: Pata, che significa "caduto", e Anjali, che indica "offerta" o "mani giunte in preghiera". Insieme, Patanjali significa "colui che è caduto nelle mani giunte in preghiera".

Patanjali è venerato sia come figura mitologica, incarnazione di Adisesa, il "serpente eterno" che simboleggia l'infinito, sia come una persona realmente vissuta, considerata il padre dello yoga per avere codificato e diffuso questa disciplina attraverso i suoi Yoga Sutra.

Spesso rappresentato con il busto dalle sembianze umane, che poggia sulla parte inferiore del corpo che ha la forma di un serpente avvolto in tre spire e mezza, la sua iconografia rimanda al concetto di Kula Kundalini: l'energia che dimora addormentata nel nostro primo chakra, per l'appunto rappresentata come un serpente arrotolato in tre spiere e mezza, che una volta risvegliato accelera la crescita spirituale del sadaka (praticante dello yoga).

Patanjali, avatar di Adisesa

Patañjali come avatar di ĀdiŚeṣa , Mysore, dal web

Patanjali 

Oltre le leggende, nulla si conosce della sua vita se non l'unica opera a lui attribuita: gli Yoga Sūtra.

Il primo testo scritto che raccoglie, in 196 aforismi, gli insegnamenti di riferimento per la Yoga darsana e delle scuole del Grande Veicolo del Buddhismo.

La stesura finale del testo è molto probabilmente avvenuta tra il V e il VI secolo d.C.

Tuttavia, non si può escludere che il contenuto abbia preso forma a partire da frammenti o testi più antichi e che sia frutto del lavoro di più autori nel tempo.

Kula Kundalini dormiente in Muladhara

Kula Kundalini, arrotolata in tre spire e mezza.

Considerazioni

Trovo affascinante come, sia nella leggenda che nella realtà, Patanjali abbia tramandato all'umanità la danza di Shiva e che questa danza, rappresentata dallo yoga e spiegata  attraverso gli yoga sutra, racchiuda un insieme di preziosi insegnamenti che permettono al sadhaka di risvegliarsi e accelerare il suo percorso di crescita spirituale.

 

Namaskar,

Alessandra